SPULCIARE DAL BASSO VERSO L'ALTO


 

martedì 2.8.2005 18:59:56
Dottor Kurandone:

Godetevele tutte queste vacanze, che poi a Settembre riaffiorano i cazzi.
Anche l’irascibile Amitabh Bachchan vi augura buone ferie.

mercoledì 27.7.2005 15:07:38
Fabbione in Dottor Koorhan-d'O (per dirla all'indiana):

Dalla nascita del videoregistratore, l’iconografia associata alle confezioni dei films in vendita e in noleggio, ha contribuito non poco all’espansione commerciale dell’Home Video.
Negli anni 80, il potere d’attrattiva del cinema Horror da vedere a casa, passava anche attraverso le tenebrose illustrazioni che corredavano le custodie delle VHS*.
Film mediocri o quasi sempre pessimi – ma arricchiti da copertine ipnotiche stracolme d’oscurità e rivoli di sangue - venivano noleggiati a scatola chiusa da qualsiasi appassionato in erba (o ancora ‘pischello’, diremmo noi).
Non se ne poteva fare a meno. Si cresceva a pane e fregatura: loro lanciavano esche grafiche e noi poveri stronzi abboccavamo.
Poi la tecnologia e le avanguardie comunicative, hanno ridimensionato il fenomeno delle illustrazioni a “impatto visivo”.
Eppure ancora oggi la semplice immagine, se azzeccata - e indipendentemente dal budget investito - ha un potenziale subliminale pazzesco nella mente del consumatore.

Una mattina puntai verso Piazza Vittorio (ex quartiere romano, oggi territorio asiatico al 100%) e feci l’ingresso in una videoteca indiana adibita anche a frutteria, casalinghi e negozio di scarpe da ginnastica cinesi.
Volevo gustarmi da vicino il variopinto mondo di Bollywood (l’Hollywood di Bombay).
Ma in quell’antro in penombra trovai solo cacate secche (l’equivalente dei film di Nino D’Angelo qui da noi).
Gli scaffali traboccavano DVD in vendita contenenti 3 o 4 filmetti di una qualità video da mandarli carcerati (debbo ancora capire se in India li smerciano proprio così, oppure i furbi indiani hanno appreso la lezione napoletana, adoperandosi allo smercio low-cost e ‘falsus’ di qualsiasi oggetto).
Per farla breve, tentai di formulare domande semplici al commesso, aiutandomi coi gesti.
“Conosci bene il cinema indiano?”, lui sorridente si limitava a guardarmi. Ed io fiducioso, “Hai presente il genere Horror? Mostri, stanze buie, ragazze strangolate... oppure aspetta un attimo... le sparatorie. Mi sai dire qual’è il film più esagerato di sparatorie? Bum bum bam, lanciarazzi, granate, esplosioni! Buoni, cattivi, spionaggio, arti marziali... o la Fantascienza, ecco! Navicelle spaziali, pianeti neri...”. Macchè, niente da fare.
S’era fissato sulla mia mano che simulava una pistola col pollice e l’indice e proprio non la smetteva di ridersela.
Cominciavo ad accusare la trasferta, “ma che c’ho i pupazzetti in faccia che questo ride così?”, poi finalmente si alzò dallo sgabello. Tirò fuori da sotto il bancone una scatola di DVDdiacci impolverati a 4 euro l’uno. Roba imbustata tutta uguale e anonima.
Ma una decina di minuti dopo controlla di qua, fai finta di leggere l’indiano di là, buttai l’occhio sui lineamenti della durezza del marmo dell’incredibile omone in foto! Un colpo di fulmine! Scelsi quel disco e battei pure lo sconto al commesso. Ma fece l’indiano taccisuoi.
Ovviamente il film era quello che era, girato con le chiappe meticce, un fottio di dialoghi, abbozzi di comicità pura, qualche scazzottata rustico-furibonda, due fucilate, tre cadute rovinose a terra e balli musicati collettivi.
Ma quella copertina porcaeva: la cromatura di un’automatica spianata e lui, L’AMMONITORE, col dito puntato verso la malvagità dell’uomo, come a dirgli “Amico Mio, Non Ci Sono Cazzi, Devi Fare Il Bravo!”.
Uno spettacolo per gli occhi e per la mente. Fine della storia.

*VHS, per esteso Video Home System. Ho voluto specificarlo perché già il Digital Versatile Disk (originariamente Digital Video Disk), meglio noto come DVD, presto verrà sostituito da uno standard superiore per le solite questioni di MERCATO BASTARDO. (dedicato a Filippone in Porcoddena)

lunedì 27.6.2005 17:16:43
Fabbione in Dottor Kurando e un pomeriggio afoso di mezza estate:

Non ci si fa mai caso, poi un giorno la mano s’aggrappa al cassettone della scrivania e invece di richiuderlo subito, come riflesso incondizionato comanda, ti viene voglia di svuotarlo e rimetterlo a posto.
E tra cancelleria semiusata, strati d’incartamenti e oggettini carini, riaffiora sempre un affare che arpiona la mente e la trascina verso uno specifico ricordo del passato! Fissi l’oggetto, elabori l’esperienza e poi, o ci ridi sopra oppure ti rabbui. Nel mio caso hanno prevalso risatoni a iosa!
Non ricordo quanti anni fa, ma era un torrido mese d’agosto e per strada non giravano manco i cani. Le tende del soggiorno filtravano i raggi del solleone, unica luce a ravvivare casa. Ore quindici, niente da fare di utile se non oziare ed io me la stavo spassando in mutande e petto nudo con mio fratello Claudione. Avevamo appena dilaniato a coltellate le ultime due fette d’anguria e sul tavolo da pranzo, con la tivù accesa abbandonata a se stessa, unticci sui menti ispidi di barba, scarabocchiavamo apaticamente cartacce. Si disegnava senza criterio ed io dopo aver vergato la mia firma quarantotto volte di seguito, tirai fuori dal cilindro quell’insignificante omino del cazzo (di sola testa e stanghette). E rivelai a Claudione che per illustrare un uomo non avrei saputo fare di meglio.
Trascorremmo una mezz’oretta a parlare di niente e a un certo punto, non ricordo come, la discussione virò sul tipo di esercizi da fare per rendere veramente esplosivi i bicipiti delle braccia. Gli dicevo, “A Cla, io parlo di allenamento serio e produttivo. Parlo di forza concreta e non di massa muscolare”. Claudione, stralunato quanto me, ma visibilmente convinto di sapere il fatto suo, cominciò a disegnare tecniche, leve e quant’altro per raggiungere livelli supremi. Avevo ancora dei dubbi in proposito e lui, oltraggiato da quel caldo di diopadre, cominciò a fare l’irragionevole cambiando il tono della voce in un buffo dialetto del settentrione ed agitandosi come s’agitano gli imbonitori del tubo catodico quando coglionano la gente sull’efficacia dei loro prodotti fasulli…“…e insieme a queste due tecniche, signore, ti ci aggiungo anche questo efficacissimo esercizio signore. Poi mi fai anche due piegamenti nel modo che ti vado spiegando signore, quattro serie da otto signore e in men che non si dica signore, ‘li pracci’ te li faccio diventare due tronchi d’albero signore…” Impugnò la penna e con tre movimenti tracciò quell’omino coi braccioni! Attimi di silenzio, poi schizzarono semini d’anguria e di melone (del giorno prima) dal mio naso e saliva dal suo per quanto ridemmo!!!
Nel deserto i miraggi, dentro casa le minchiate (e li pracci)! Bellecose.

sabato 18.6.2005 2:19:46
Fabbione in Dottor Miranda:
Da recuperare con un'urgenza come se venisse giù l'apocalisse, LA MORTE E LA FANCIULLA di Roman Polanski.
Centotre minuti tiratissimi, un'ora e passa d'ambiguità allo stato puro, tanto da ripetermi "allora è lui perdio...o non è lui...sì sì è lui...no diosanto mi sa di no...o sì...direi di no, è quasi certo...e invece sì perlamadonnona...o no"...eccosivvia fino all'epilogo.
Tosta e spietata la Weaver, da busto marmoreo il Dottor Miranda (Ben Kingsley)!!!
Pellicola targata 1995. Bellecose.

lunedì 13.6.2005 22:18:00
Fabbione in Dottor Kurando:

Oggidì, puntuale come quando tiro la catena al bagno, seguivo sulla Rai il telegiornale delle tredici e trenta.
Si parlava di problemi economici del nostro Paese e la voce del commentatore era accompagnata da una sfilza d'immagini riguardanti Silvio Berlusconi. Sorriso raggiante. Niente di nuovo. O forse sì.
Mi ero accorto di aver scoperto un fenomeno non da poco. Un particolare di una comicità involontaria.
Il signor B. durante l'estate 2004 ha beneficiato di un rivoluzionario e costosissimo auto-trapianto di bulbi capillizi.
Tempo qualche mese dall'operazione già vantava di una chioma ancora sporadica ma battagliera ed oggi non dico sia diventato Jimi Hendrix, ma se le inquadrature e le luci sono allineate come gli astri, il signor B. sembra proprio avercene un fottio di capelli (in verità somigliano più a peli di braccia molto lunghi ma ahò, se ‘acchittati’ in un certo modo fanno la loro sporca figura). Ma non è questo il punto. Ci mancherebbe.
Il problema è che l’enorme mole di fotografie, filmati, documenti e quant'altro del signor B. coi capelli, è spaventosamente inferiore all'infinità di materiale esistente sul signor B. ancora calvo.
E allora dalla televisione ti vedi spuntare inquadrature e sequenze di un recente signor B. chiomato e nerissimo in testa mixate a vecchie immagini di repertorio del signor B. ancora coi ‘capelli color carne’ (Boris Makaresko).
Anche oggi è andata così. Primo piano di B. capellone che annuncia soldoni e tranquillità per tutti e la scena successiva lo stesso signor B. che stringe la mano a un funzionario e più l’inquadratura s’allontana e più il suo cranio riflette di luce propria.
Allora penso. Avendo tutta sta smania di 'revisionismo storico' sul suo fisico, se s’accorgesse di questa spinosa problematica, mi chiedo cosa sarebbe capace di combinare. Forse ordinerebbe di distruggere dal pianeta terra tutte le sue immagini pelate, oppure ingaggerebbe George Lucas e le farebbe ritoccare coi suoi portentosi effettoni speciali!
E allora, per divertimento e ripicca, faccio un appello a tutti i media del Cosmo: utilizzate solo ed esclusivamente le immagini del signor B. pelatone. Così più lui ricorre al bisturi per tornare giovane e promettente e più l'opulenta invasione mediatica delle sue vecchie immagini gli si ritorcerà contro.
Bellefrange.

(pezzo dedicato all'inimitabile THE RAVEN che mi sta insegnando quant’è sublime osservare ‘chi fa notizia’ e poi prenderlo per culo!)

venerdì 27.5.2005 21:55:17
Fabbione in Punk Kurando:

Mi son trovato a riarmeggiare con un paio di belle paginette: da 'Cos'è Questo Fracasso? - Alfabeto e Intemperanze' di Tiziano Scarpa (Einaudi - 2000, pag.60).

PUNK.
Che cosa c'entra il punk? Sono passati vent'anni! Eppure il significato del punk nell'economia politica della comunicazione è: se hai qualcosa da dire, fallo subito. Imbraccia la chitarra, accendi l'ampli e urla nel microfono. Gli accordi farai sempre in tempo a impararli dopo, mentre suoni. Fine anni Settanta, Londra, copertina della punkzine «Sniffin' glue»: due manici di chitarra con le dita della mano che premono le corde. Didascalia: «Questo è un accordo - questo è un altro accordo - ora metti su una band!». Grado zero del rock, le band punk sono state ricettacolo dei peggiori musicisti mai esistiti, e allo stesso tempo dei migliori comunicatori degli ultimi tempi. Bisogna dunque tenere presente un fattore P in tutti i sistemi comunicativi, non soltanto nella musica popolare. Si, meglio abbreviare in fattore P, perché fattore Punk fa pensare inevitabilmente a creste colorate, capigliature esplose, carnagioni lamettate e vomiti sul pubblico. Per fattore P si deve intendere solamente il nucleo della questione: cioè questa decisiva apertura alla dicibilità immediata, che scavalca l'acquisizione di una tecnica, il lavorio su un tono comunicativo, l'affinamento di un linguaggio. E’ importante? E’ essenziale. Il fattore P ha permesso di dare ascolto fin da subito a contenuti espressivi che altrimenti sarebbero svaniti e diventati qualcos'altro, se si fossero attardati a imparare scale diatoniche e studiare sugli assoli di Jimi Hendrix.
Ma la letteratura c'entra? Uno dei rimproveri più frequenti rivolti a scrittori giovani e giovanissimi è proprio quello di non saper maneggiare strumenti retorici più grandi di loro, non avere consapevolezza critica, non tenere conto di che cos'è successo nei romanzi che li hanno preceduti. Capo d'imputazione: lesa maestà nei confronti della letteratura: «Andate a leggervi qualche parete di scaffali, prima, e per pubblicare ripassate fra qualche anno».
Attenzione: tutto questo bel discorsetto non è un'astuta trovata per giustificare scritture acerbe e deludenti. Anzi. Il fattore P non funziona solamente in chi legge e da ascolto, ma soprattutto in chi scrive e si esprime. Altrimenti maschererebbe solo un atteggiamento paternalistico, e anche piuttosto ipocrita. No: il fattore P è prima di tutto una rivendicazione di chi i messaggi li produce e li mette in circolazione. Così in letteratura può avere effetti eversivi una buona dose di fattore P, ossia l'apertura alla dicibilità immediata. È eversivo infatti entrare nella scrittura con il corpo, stringere alleanza tra freschezza fisica e linguaggio, emulsionare giovane età e scrittura, marcare con forza l'inscindibilità di sillabe e carne: la natura stessa del linguaggio scritto tende piuttosto a separare le parole da chi le ha pronunciate, le rende autonome, dissecca la saliva che ha battezzato l'apparire del nome.

martedì 24.5.2005 15:02:33
Fabbione in Dottor Omaggiando:

Anni fa, per godermi ANTONIO REZZA pagavo il biglietto addirittura a prezzo pieno!
E oggi lo rifarei. Soprattutto oggi lo rifarei, visti i tempi di merda che corrono…

domenica 15.5.2005 11:00:12
Fabbione in Dottor Culturando:

Sì, d’accordo. Ho capito che il messaggio deve raggiungere le coscienze come una mazzata.
Informazioni lampo premeditate e mirate a sensibilizzare individui di ogni estrazione sociale.
Però cristo di un dio c’è un limite a tutto!
Nel riquadro si legge: OGNI DUPLICAZIONE PIRATA METTE A RISCHIO LA NOSTRA CULTURA.
Ora. Mi felicito per la fortunosa carriera del poliedrico Faletti, personaggio partito da Vito Catozzo fino alla pseudo-rappata a San Remo di Minchia signor tenente (lo so che parlo col comandante), però proprio non riesco a prendere in considerazione il problema se in foto mi ci piazzano quella faccia (così in apprensione tra l’altro).
Certo, è un personaggio di grido, neo scrittore giallista, pluriosannato fra le schiere di lettori voraci dell’ultima ora (ha fatto leggere persone che non sapevano manco dell’esistenza dei libri), certamente impeccabile e capacissimo in quello che fa (non lo metto in dubbio e anzi, prima di parlare dovrei approfondire i suoi manoscritti… ma corroso dai pregiudizi come uno stronzo non lo farò mai nella vita!) ma rivolgo l’attenzione anche all’altra faccia del popolo italiano, quella più disincantata, intransigente e anche un pochino incazzosa con le pubblicità progresso fasulle e credulone del Ministero; quell’altra fetta di popolo italiano che un personaggio del genere l’istigherebbe a piratare all’ennesima potenza!!!
La Cultura con la C maiuscola è a rischio… e grazie al pene aggiungo io!
Se la Cultura me la semplifichi in questo modo, allora mi auguro che una flotta di piratoni sanguinari, di quelli con la benda all’occhio e la mano monca, attracchino coi loro vascelli fantasma taroccati sulle rive inquinate della nostra penisola!
Il pensiero poi mi va a tutti quei formidabili scrittori affermati ma che restano ai margini, perché sprovvisti di manager che costruiscono trionfi a tavolino. Perché sprovvisti di pubblicità e distribuzione così potenti che il tuo libro lo trovi in vendita pure nei cessi dei treni!
Più in basso poi si legge: La PIRATERIA MULTIMEDIALE E’ UN CRIMINE CHE COLPISCE LA CULTURA, L’INDUSTRIA E CONDANNA LA CREATIVITA’ (quest’ultima suona come un incoraggiamento: se condanno la creatività allora mando a casa pure Faletti).
La domanda è la seguente. Ma davvero è solo colpa della pirateria? E’ tutta lì la magagna? Non potrebbe essere anche colpa dell’Industria Mercantile e Megastore a cui frega cazzo del valore della Cultura?
‘Basta che noi si vende, tutto il resto son dettagli’.
Però dei prezzi altissimi, inspiegabili e mai chiariti del tutto (per sostenere questa preziosa Cultura) ne vogliamo parlare? Vogliamo parlare del costo assurdo dei libri? Del rapporto qualità-prezzo di un compact disc? E vogliamo parlare che la pirateria così genericamente nominata non fa alcuna differenza fra quella a scopo di lucro di stampo mafioso e la pura e semplice copia casalinga che fai all’amico tuo?
Spunti del genere innescherebbero discorsi ampi ed elaborati. Ma sarebbe già sufficiente pensarci.

venerdì 29.4.2005 18:12:34
Fabbione in Dottor Arigatò:

Notizia ANSA (Istambul Ansa, Ans, Danz…-CCCP-).

L'ultimo spot Fiat: "Italiani sentitevi in colpa". Campagna contro l'acquisto di auto straniere. Quel grazie sarebbe bello sentirlo pronunciare in italiano. E invece no: è il merci dei francesi, il danke dei tedeschi o l’arigato dei giapponesi perché sono loro le automobili che compriamo. Dice questo l'ultima campagna pubblicitaria della Fiat, scelta dall'amministratore delegato, Sergio Marchionne. Obiettivo: far sentire in colpa gli italiani per la scelta esterofila e far nascere la voglia di contrapporre un altro modello, tutto italiano, all'immagine dei tedeschi che ringraziano con il boccale di birra o dei giapponesi che fanno l'inchino. "In Francia guida auto francesi il 58% degli automobilisti, in Germania il 70%, in Giappone addirittura il 94%", dice Simone Migliarino, responsabile Comunicazione della Fiat. "Da noi meno del 30% compra macchine italiane".

Aahhh, adesso sì! Che bello sfogo questa Industria Italiana dell’Automobile!
Ma come, l’Economia (seguita come un’ombra dal Governo) è una vita che permette il LIBERISMO sfrenato - quello senza regole da far west, che in nome del business ti scatena concorrenze al limite del conflitto umano - e adesso st’italioti comandanti si mettono a fare i capricci?
Se esistesse quel Dio che tutti pregano, si slogherebbe un braccio per tutte le cinghiate al culo che dovrebbe sfogare con la frusta santa!
E comunque, spostando l’asse del discorso di pochi millimetri, la voce lamentosa concedetela pure a quelle minuscole imprese a conduzione familiare polverizzate sotto la pressa dei Mostri Corporativi a marchio®. A chi c’ha una videoteca e davanti gli apre Blockbuster. Al cinema minuscolo reso invisibile dalle Multisale-multilucine Warner Bros. Alla vecchia palestra dove non ci si allena e si suda più, perché ha aperto il super palazzone sportivo della Virgin, che mentre pedali ti tirano pure una pippa tecnologica! Diteglielo all’artigiano, al falegname, al fabbro, che appena ti distrai due secondi spuntano empori giganteschi e risolutori. Ecco, diteglielo a queste persone.
Mortacciloro e delle automobili in crisi!!!
Continuano a venderle in quel modo sfrenato e incosciente che tra un po’ ce le ritroviamo pure in mezzo ai denti! Bellecose.

giovedì 17.2.2005 2:09:44
Fabbione in Kurando ed EL PIBE SUINO:

Scatto fotografico recentissimo di un Diegone tronfio e sottosforzo che saluta dal terrazzo di una Casa di Cura.
Ma non voglio parlare del suo attuale stato di decomposizione calorica, per quello c’ha già pensato il giornalino City da dove ho ricavato l’immagine (si parlava di sforbiciate chirurgiche al suo stomaco vizioso. Niente di nuovo).
Più che altro volevo evidenziare un aspetto bizzarro del leggendario Pibe de Oro.
Ricerco una dozzina di foto che lo ritraggono in ogni posa e penso a come la natura abbia operato su di lui una sorta di transizione metafisico-geografica, mettendolo in simbiosi con una CITTA’ che lo ha reso grande e dannato!
E mi spiego meglio, buttandola sul calcistico. Un Van Basten (mai dimenticato) o uno Shevchenko, in campo vengono associati immediatamente alla maglietta del Milan. Te l’immagini splendidi, fortissimi e fasciati da quella maglia rossonera a righe, sull’erbetta a zolle del Meazza. Irraggiungibili.
Poi però, fuori, nella vita reale, il primo torna a ricordare prepotentemente l’Olanda da cui proviene e l’altro sprizza Ucraina da tutti i pori.
Per Diego Armando è la stessa cosa, ma c’è di più. Non esiste estetica più assoluta che vedere una palla, Maradona e la sua maglietta Buitoni del Napoli. Un miracolo visivo e immaginifico che andrebbe insegnato nelle scuole. La perfezione assoluta. Questo in campo. Fuori dal campo, cristo di un dio, è la stessa e identica cosa!!! E’ fecondato in Argentina, ma per qualche fenomeno inspiegabile è in tutto e per tutto partenopeo! Nei suoi lineamenti, nel suo modo di fare, di agire e di pensare. Incredibile!
Infatti son convinto che, se non avesse stravolto il mondo con la palla al piede, avrebbe onorato senza dubbio la città campana riuscendo comunque a far parlare di sé. Che so: a dodici anni lo avremmo già visto sfrecciare su una vespetta ridotta a scheletro lungo le strade di Secondigliano. La sua bazza rigonfia a forma di casco, viso olivastro ed occhi liquidi da masaniello orgoglioso con dietro la ragazzetta a cui Diego non avrebbe mai fatto mancare niente, secondo la sacra Legge della Sopravvivenza! Oppure a trent’anni, un uomo piccoletto chiamato il Boss del Vesuvio, di quelli cattivissimi ma generosi. Con due Rolex dorati uno per polso (come portava tempo fa) e l’occhio da disonesto ambiguo di chi ne sa sempre due tre più degli altri. O infine soffermatevi su questa foto pietosa - a quarantacinque anni suonati - e ritagliategli un posto nella società. Io me l’immagino con un paio di zoccoli bianchi, i calzini di spugna e una tuta acetata dai colori sgargianti dietro un bancone al mercato, a vendere mozzarelle e sfogliatelle. “Ahhèèè, forza signòòòò…”, urlando a suo agio per svoltare la giornata! Amico di tutti e pieno zeppo di storie miserabili da raccontare!
E come diceva uno: Napule tre cose tene e belle…o’ mare, o’ Vesuvio e e’ sfogliatelle.
Bellecose. Viva Maradona e viva Napoli. Due MITI eterni!

mercoledì 29.12.2004 11:42:59
Fabbione in Dottor Kurando:

Buone festività a tutti e qui mi fermo. Tolta la vigilia di Natale, il Natale stesso, la notte di San Silvestro e la Befana, le giornate che si susseguono e uniscono questi eventi risultano pallosissime e lente nello scorrere. Per cui o vi fate prendere per culo dirigendovi al cinema oppure restate a casa in pigiama e decidete una visione filmica solinga e corroborante.
Al che io vi consiglio di rimediare COME INGUAIAMMO IL CINEMA ITALIANO, splendida parabola del duo comico Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
Si ride di brutto, escono fuori aneddoti curiosissimi e intervengono per dire la loro personaggi formidabili. Tutto ciò potrebbe non bastare per incuriosirvi e farvi combattere contro lo staticismo festivo. Allora aggiungo che la regia è capitanata dall'immenso duo Ciprì&Maresco, autori di un'apertura mentale pazzesca e come sempre spiazzante.
Va da sè che il film è contornato da sketch estemporanei mossi da personaggi alla deriva dell'umanità (cavalli di battaglia dei due registi) e da un giovane critico che viene messo alla berlina ogni qualvolta apre bocca e tenta l'esegesi. C'è un pezzo spettacolare in cui sempre il giovane critico per analizzare l'importanza di Fulci regista, fomentato esordisce con un "Lucio Fulci, un grande artigiano del cinema..." e neanche il tempo di proseguire che gli viene tolta rozzamente la parola! Geniale cazzo! Chiunque parli di Lucio, attacca sempre con la solita solfa del 'grande artigiano'. Cheppalle e che ridere.
Amo Ciprì&Maresco.

venerdì 12.11.2004 0:46:50
Kurando Dottor in Fabbione:

Non sono affatto il soggettone che mitizza e fomenta i fenomeni cool che contrassegnano una o più stagioni.
Parlo delle correnti cinematografiche che ciclicamente impazzano in tutta Europa, per poi approdare - fritte e rifritte come le patatine del McDonalds- anche in Italia.
Tipo il filone de paura Spagnolo di svariati anni fa sino ad arrivare all’attuale, interessante ma super-abusato-rancido cinema Giapponese, Cinese o Coreano.
Ma stavolta non posso fare a meno d’incensare un lavoro che mette a dura prova la sensibilità di coloro che cercano nel dramma l’essenza di un film. E poi si presta bene all'argomento che attualmente fa notizia, rumore e un sacco di soldi al botteghino. Ovvero la messa in scena della malattia fisica, dell' affezione del soma, della para o tetraplegia morbosamente filmata.
Mare Dentro non mi è dispiaciuto, Amenabar non è un coglione e l’attore Javier Bardem rende bene l’idea e il messaggio. Però un po’ di compassione ricattevole il film te la estorce, gratuitamente.
Per non parlare poi de Le Chiavi di Casa, film in cui più passa il tempo e più mi fa prudere le chiappe. Di quel film non si salva un cazzo, la regia è anonima, la sceneggiatura è chiusa in bagno a fare le puzzette e la recitazione poteva incidere di più. E poi cos’è tutta sta serietà se alla fine il risultato è questo? A che/chi serve!
Ma io sono qui per offrirvi l’alternativa, per porre rimedio a tutta sta rottura di coglioni.
OASIS di Chang-Dong Lee, Korea del Sud, 2002, 132 min.
Un film fisico, metafisico, divertente, disturbante, drammatico, reale, immaginario.
Insomma, volete prodigarvi in piagnistei?
Allora alla serietà di Amelio (però LAMERICA era un miracolo di film) scegliete la pazzia divertita e tanto bella del protagonista di OASIS e la faticosa sofferenza articolare della sua amica e compagna d’avventure.
Bellecose maledetti.

mercoledì 13.10.2004 9:37:48
Fabbione in Dottor Kompleanno:

13 OTTOBRE 1976: a Santa Cruz (Bolivia) un cargo precipita su una delle strade principali, distruggendo una scuola e finendo su un campo di calcio. Nell' incidente muoiono i tre piloti e un centinaio di persone a terra.
Dall'altra parte del mondo nel frattempo, tra il marasma generale nasce a Roma Fabbione. Da quel momento in poi l'Umanità credette di dover operare svolte significative per una vita migliore. Non accadde mai nulla.

domenica 10.10.2004 18:09:01
Sergione in Dottor Kurando:

“Basta vendere un po' di dischi e si è dei geni, i giornalisti si riempiono le ampie bocche, si esaltano, gli aggettivi si sprecano”.

Analisi tutte da leggere nella nuova pubblicazione di SERGIO ENDRIGO, da poco in libreria.
Personaggio di quelli che non gli davi una lira e invece...
Qui di seguito stralci di una recente intervista... bellecose...

QUANTO MI DAI SE MI SPARO? era uscito quasi dieci anni fa per un piccolo editore svizzero. Adesso ristampato da Stampa Alternativa. Praticamente sei stato il primo cantautore a impugnare la penna, ben prima di Guccini...: - Due case editrici, importanti anche se non faccio i nomi, rifiutarono. "Un cantautore che fa un libro... ma chi è questo stronzo?". Poi vennero Guccini, Vecchioni, adesso tutti fanno i libri. Però mi ricordo dì un articolo che diceva che il mio libro era il migliore. Piccola soddisfazione. -

Quando pensi che abbiano cominciato a metterti da parte?: - Già intorno al 1975, da ‘Ci vuole un fiore’, canzone di Rodari. Fu mia l'idea di una canzone per bambini. Il progetto consisteva nel fare una cosa con un adulto che canta e i bambini che rispondono. Un successo enorme. Poi fui completamente dimenticato dai media. L'ha pure scritto Battiato su Internet. È stato molto carino a riprendere due miei brani su ‘Fleurs’. Ci siamo conosciuti al telefono, mentre faceva una trasmissione alla radio che si chiamava ‘Se telefonando’. Poi un mese fa siccome mi avevano invitato ad Agrigento per presentare il libro, sono passato per Catania e ci siamo incontrati all'aeroporto. È stato un piacere. A parte per quello che canta, mi piace perché lo fa da seduto. Io amo le scimmie ma non i loro imitatori. Questa gente che si muove, che fa casino, non la capisco. -

Nel libro dici che a un cantante basta una canzone azzeccata per cambiare la vita: - Certo, ma succede solo in questo mestiere. Gli altri artisti, gli attori ad esempio, devono necessariamente fare la gavetta per avere successo. Ricordo Nico e i Gabbiani che fecero uscire un singolo di Alfredo Rossi e poi ci hanno campato venti anni... Oggi non è più possibile che accada, sempre che tu non abbia i soldi. Perché se vuoi far passare la tua musica alla radio oggi devi pagare. Inoltre i giovani, a causa degli odierni palinsesti radiofonici non possono più ascoltare la musica di una volta, quella valida, non possono più farsi un background. Molti amano le mie canzoni, ma solo perché hanno avuto la fortuna di avere un padre che gliele ha fatte ascoltare. -

Il successo fa male?: - Io ho un assioma: “il successo non può rendere stronza una persona: lo era anche prima, solo che non poteva esercitare”. La gente ti ama, ti fa cantare, ti fa fare una vita da re e tu diventi stronzo? Ma va'... -

Una chiusa?: - Sai, io mi sono veramente goduto la vita. Ho conosciuto Mastroianni che diceva che la vita dell'attore è tremenda perché bisogna alzarsi alle sei del mattino, ripetere la scena venti volte... però è sempre meglio che lavorare. Il mio sogno è questo: mi piacerebbe vincere al super-enalotto e andare in un alberghetto nel nord-est del Brasile, senza radio, tv, giornali e stare lì al sole al mare con una donna. Del resto il Brasile è la mia seconda patria. Ho un'amica che vive in Brasile e ha 49 anni. L'ho conosciuta nel 1996 e la trovo gentile e simpatica. Tra un mese ci torno. A Bahia. Nell'ex casa di Vinicio DeMoraes. Un residence a 200 metri dal mare dove si sta benissimo. -

lunedì 4.10.2004 22:46:18
Fabbione non-Dottor Kurando:

Stavolta passiamo al vaglio un altro giornalino mattiniero, di quelli sempre reperibili presso le sedi universitarie, i migliori bar della Capitale e gli innumerevoli ingressi della Metro linea A e B. Carta gratuita, tout-court e indolore.
Parlo di LEGGO, che rispetto al suo rivale CITY, ha una marcia in più d’indecenza.
Sfogliando una pagina dopo l’altra, a un certo punto t’aspetta al varco una rubrica chiamata MESSAGGI E LETTERE D’AMORE, UN PICCOLO-GRANDE PENSIERO.
E dire che la buona volontà da parte della redazione c’era tutta, tanto da specificare a chiare lettere: I MESSAGGI SENZA SIGLA DELLA CITTA’ NON SARANNO PUBBLICATI, e ancora, NELLA EDIZIONE DI DOMANI GLI ALTRI SMS DELLA SETTIMANA SCORSA. Non so voi che idea vi farete dopo aver letto sto pezzo, ma io trovo queste iniziative ricolme d’imbecillità stronza, altamente anacronistiche e in fondo anche offensive (all’intelligenza umana in primis).
Ma passiamo alla serie di messaggetti che ho selezionato per voi, quelli più significativi:

- A MARIO DA CINZIA: “Amore mio, quando vieni a rapirmi in sella al tuo cavallo bianco? Ti decidi a portarmi a vivere a casa tua non ce la faccio più a vederti solo il fine settimana. Ti amo!”.
- DA CAROLINA X CARLO: “Mi piacerebbe diventare la tua ragazza, mi auguro ke tu lo voglia…! By Carol da Firenze” (anche a Firenze sono stronzi! NdF).
- PER FEDE DA MIRKO: “Ti voglio bene! Sappi che le persone che ti criticano non capiscono niente, perché io, conoscendoti, ho scoperto una persona stupenda!” (come dire, la classica frase di tutti! NdF).
- DA TROPPO DEBOLE A TROPPO ORGOGLIOSO: “Ciao vita mia, non so neanche perché ti scrivo (appunto diosanto, perché scrivi? Ma non questo messaggio, ma proprio perché scrivi! NdF). So solo che da una settimana non vivo più, non sorrido più. Ti prego, ripensaci, sei troppo importante per me. Ti prego, torniamo insieme. Ti amo, ti amo! “Noi due staremo insieme per sempre”, non dicevi così...?” (e pure tu c’hai ragione, non diceva così? Però se tu glielo fai notare tramite carta LEGGO, allora ti si augura un mondo di non-amore e non-gioia. Stronzo/a! NdF).
- DA GIANNISKY PER RR: “Non so se leggerai, ma farò in modo che avvenga. Trovane un altro che ti fa la dedica sul giornale... Ti amo, miciosa. Sei solo mia”. (Su questo però ha ragione Giannisky. Trovalo un altro testa di cazzo che ti fa la dedica sul giornale. E poi lei è solo sua. Mah! Sai i cazzi che prenderà nella vita RR?).

Bene, da questa prima carrellata di pensierini scritti, salta all’occhio un particolare comune un po’ a tutti.
Ossia, che dopo aver trovato l’anima gemella, è come se ognuno di noi si sentisse di avere un’esclusività suprema nei confronti dei comuni mortali. Ognuno ha la sensazione di vivere l’impossibile e l’inimmaginabile, quando invece tutti facciamo le stesse fottute cose!
Forse chi ha tanti soldi può inventarsi alternative stravaganti e durature, ma come ci ricorda il poeta De Andrè: QUESTO RICORDO NON VI CONSOLI, QUANDO SI MUORE SI MUORE SOLI! E quindi dovrete morire pure voi, stolti uomini imbottiti di stravizi e tanti dinari!!!
Ma passiamo velocemente ad altri messaggetti, secondo il sottoscritto ancor più gravi, perché completamente scollegati dalla realtà del Mondo che li circonda.

- DALLA RAGAZZA DI PIRAMIDE AD ANONIMO: “So che mi guardi, me ne sono accorta, sento i tuoi occhi sul mio corpo e la cosa non mi dispiace…Fatti avanti!”. (Speriamo che Anonimo legga LEGGO, o che almeno qualcuno lo avvisi per tempo. ‘Ahò, Anonimo, parlano di te su queste pagine…hai fatto colpo!’ NdF).
- PER FRANCESCA: “Come sei carina, sei la ragazza che dà i giornali dell’edicola dell’Eur Palasport”.
- PER LA BIONDA CON L’OPEL: “Il 27 settembre (verso le 17.40) ero sul Gra, direzione Boccea; ti ho visto, ragazza bionda con Opel station wagon. Sei uscita proprio a Boccea: sei bellissima! Io sono la guardia giurata, che ti sono stato dietro con una Punto bianca: rispondimi…”. (Ecco, questa voce di uomo giurato la ritengo la più avvilente. Mi da come un senso di degrado urbano, dove le giornate trascorrono anonime fra le luci al neon dei negozi vuoti. Fuori è inverno e le coppie vanno a bere il the di pomeriggio in quei centri commerciali super illuminati e freddi! Roba pesantissima da considerare. Ma è così! Giuro di non imbattermi mai più in rubriche del genere. NdF).
Bruttecose. Gaber, De Andrè, Gaetano, quanto mi mancate...

sabato 25.9.2004 1:23:07
Fabbione in Dottor Miagolando:

Non so perché, ma pensavo a quella piacevole sensazione che si prova quando ci s'invaghisce di una donna. Quelle sbandatine come fanno i gatti, che poi fatalmente zigzagano per strada e vengono acciaccati dalle automobili che tutto schiacciano e nulla avvertono, anzi proseguono dritte per la loro strada. Che vita tremenda pure sti gatti. Sono innamorati e muoiono innamorati. Sapeste quanto è brutto quando un micio va a finire sotto un’auto. Comincia ad arcuare il ventre e a saltellare come un salmone appena pescato. Si contorce, si dimena, quasi si convince che non è niente di grave ma non serve. Ormai è spacciato. Sia nell'amore che nella vita...

lunedì 20.9.2004 21:40:21
Fabbione in Dottor Kurando:

L’eminente giornalino mattiniero CityRoma, reperibile presso le sedi universitarie, i migliori bar della Capitale e gli innumerevoli ingressi della Metro linea A e B, ha pubblicato stamane un articolo di un certo (Ap), che descriveva le future mosse di Kevin Smith, il ‘silenzioso’ regista del mai troppo lodato Clerks.
Purtroppo però, le simpatiche curiosità elargite dalla ‘mestierante’ penna di (Ap), si sono controbilanciate da una marea di stronzatone inesatte sgorganti sempre dalla ‘mestierante’ penna di (Ap).
Che poi mi sa che quelli della redazione hanno sbagliato anche a scrivere il suo nome... invece di (Ap) forse si trattava di (Ac)... (A Cazzo!!!)...
Prima di salutarvi, ritengo comunque utile dargli una letta...
Bellecose.

I COMMESSI DI SMITH TORNANO AL LAVORO. DOPO DIECI ANNI SI GIRA IL SEQUEL DI “CLERKS”- LOS ANGELES.
Dieci anni fa Kevin Smith, aspirante regista del New Jersey, dovette chiedere un prestito ai genitori e vendere la sua collezione di fumetti per realizzare il suo primo film. “Clerks-Commessi”, girato in bianco e nero da un gruppo di amici, è diventato un'icona del cinema indipendente e ha ispirato un'intera generazione di giovani registi. Nel decimo anniversario di questo film-culto, Smith presenta un triplo dvd che racconta la genesi della pellicola, dalla nascita del regista a quando la Miramax decise di portare "Clerks" al Sundance Festival, il festival del cinema indipendente, ottenendo un successo insperato. Smith, 34 anni, ha anche annunciato che a gennaio girerà un sequel: “The Passion of the Clerks”. “Commessi” aveva già avuto un prequel: “Generarion X”, uscito nel 1995, che deluse parecchio i fan, tanto che Smith si scusò pubblicamente per la “caduta di stile”. Il giovane regista ha poi messo a segno una serie di colpi buoni dirigendo “Dogma”, “Scream 3”, “Scary Movie 3” e per due volte il suo amico Ben Affleck, prima in “Daredevil”, poi in “Jersey Girl”. Ma ora, dice, ha voglia di tornare a pellicole indipendenti girate con pochi soldi, come fu “Clerks”, storia di due ventenni, uno commesso in un videoshop, l'altro in un emporio, alle prese con dialoghi demenziali e clienti che sembrano usciti da un girone infernale. Non è una coincidenza che il protagonista (Brian O’Halloran) si chiami Dante. “Volevo solo fare un film che rappresentasse la mia realtà e quella dei miei amici”, spiega il regista, “molti film che vedevo erano divertenti, ma troppo lontani da noi: prendete “Die hard”, come potrei identificarmi in uno che salta dai grattacieli e uccide terroristi?”. Smith voleva fare un film su un ragazzo della provincia americana che non ha grandi aspettative e pensa a cose normali: ex fidanzate, “Star Wars”, l'hockey e film porno. Lo humor inaugurato da “Clerks” è quello demenzial-giovanile che ha aperto la strada a “Tutti pazzi per Mary”, “American Pie”, “Jackass”. Anche se non c'erano scene di violenze o sesso, “Clerks” si beccò un divieto sotto i 17 anni per i dialoghi troppo sboccati. Smith racconta di averlo girato di notte nel negozio in cui lavorava come commesso. Ma poiché la storia è ambientata di giorno dovette ricorrere a un trucco. Nel film il protagonista impreca perché non riesce ad aprire le porte del negozio: qualcuno ha messo del chewing-gum nei lucchetti, in realtà una trovata per nascondere che fuori era buio. “Alle 5 del mattino smettevamo di girare”, racconta il regista, “alle 6 io riaprivo il negozio”. Ma alla fine, Smith potè ricomprarsi la sua collezione di fumetti. (Ac)... emh... (Ap)... (bah!)

novembre 2003
Fabbione in Dottor Caro Diario (temo di non avere le idee molto chiare):

Caro diario,
ho deciso di concedermi alle tue robuste pagine per sbrigliare numerosi interrogativi che mi attanagliano la mente. Così, nel caso dovessimo venire risucchiati in uno di quei vecchi episodi della serie “Ai Confini della Realtà”, dove tutto è possibile, allora mi piacerebbe ascoltare un tuo punto di vista obiettivo sulle ambiguità che sto vivendo di questi tempi e che ora mi appresto a descriverti.
Uno degli argomenti cardine riguarda l’arte e il commercio della propria arte (in musica, letteratura, cinema, televisione, teatro e chi più ne ha più ne metta); le scelte che lo stesso artista deve compiere durante la sua carriera e la coerenza nelle scelte che, successivamente, in base alle decisioni prese, andranno a confrontarsi con il proprio conto in banca.
Questo ragionamento potrà sembrarti stupido in tempi in cui guerre, terrorismo e democrazie repressive si avvicendano senza tregua, ma vedrai che non è così.
Partiamo dal presupposto che in ogni ambiente culturale che si rispetti - sia esso un forum su Internet, un circolo privato o un centro sociale - si discute animatamente sulle varie modalità per campare della propria arte senza farsi annullare dai mefistofelici compromessi delle multinazionali. E nel caso l’artista di turno decidesse di tradire le aspettative dei suoi estimatori pugnalandoli alle spalle a suon di contratti miliardari, questi stessi ambienti culturali si trasformano immediatamente in enormi serbatoi di slogan e convincimenti al vetriolo del tipo: “Ormai si è sputtanato!”, “Si è imborghesito”, “Ha fatto un patto col diavolo”, “S’è venduto per un piatto di lenticchie”, “Predica bene e razzola male…” e via di questo passo. E fin qui ci siamo capiti.
Per introdurre invece la seconda parte del discorso, molto più esteso e arzigogolato per la natura stessa del personaggio, t’invito a riflettere sull’egemonia economica, politica e mediatica di cui gode l'attuale Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Del cavaliere necessito, come parametro d’esempio e giusto per ampliare il discorso, della sua triade televisiva Mediaset e della sua casa editrice Mondadori. Ed eccoci finalmente giunti al nocciolo della questione.
In pratica è tutto da dimostrare, ma in teoria l’artista che lavora per le suddette proprietà contribuirebbe ad impinguare le tasche del signor Berlusconi. Ed è da questo principio che si scatena una confusione intellettuale senza precedenti! Io francamente non ne posso più ed è per questo che mi sono rivolto a te, caro diario.
Prendiamo ad esempio la pungente questione sulla torta piena di lamette offerta da Mondadori: lo sai le volte che mi sono buttato sul letto, a naso in su a scrutare il nulla del soffitto, con le mani incrociate dietro il capo e pensare se da un giorno all’altro un incantesimo mi facesse diventare uno scrittore eccezionale? Di quelli cazzuti, intrisi di una capacità del narrare come solo pochi possiedono; prolifici e mai paghi come un Antonio Moresco, o dotati di una fantasia sterminata alla Tom Robbins? Ecco, mi chiedo sempre che scelta farei io se la Mondadori mi allungasse la sua ricca propaggine su cui arrampicarmi. L’acchiepperei al volo come s’acchiappa un toro al lazzo, oppure declinerei l’offerta scegliendo un meccanismo distributivo alternativo (che palle sto termine... mi provoca lo stesso fastidio di quei tipi stronzi che quando parlano utilizzano gli indici e i medi delle mani, con rapidi movimenti su e giù, per mettere visivamente tra virgolette una frase... gliele cioncherei quelle dita)?
Beh, così su due piedi non saprei cosa rispondere, caro diario, anche perché ci sarebbe da mettere in ballo un’assortita pila di ragionamenti, tipo il problema sulla visibilità dell’opera e la sua distribuzione (direttamente proporzionale all’importanza della casa editrice), il mio ordinario e anonimo modo di vivere che si proietta tutto d'un botto in un contesto nuovo e del tutto propizio, come la notorietà, il danaro, i privilegi ecc. ecc... Vabbè certo, se poi penso alla faccia ridacchiante dell’imprenditore Silvio (che mi ricorda un antico terrore della mia infanzia: quel pagliaccetto formato bambola che, tra buio, lampi e tuoni rideva divertito in direzione del bimbo nel film Poltergeist, Demoniache Presenze) è chiaro che preferirei vendere i miei scritti davanti alle librerie, come fanno con dignità e grande discrezione alcuni extracomunitari a cui va tutto il mio rispetto. Si piazzano lì davanti e attendono che qualche anima s’interessi a loro, senza rompere i coglioni al prossimo.
Oppure, spostando di poco l’argomento e visto che stiamo facendo le pulci al signor Silvio, penso all’iniziativa promulgata parecchio tempo fa da Umberto Eco, ossia boicottare tutti i prodotti di consumo pubblicizzati sulle reti Fininvest: “Ti vedo reclamizzato su Canale 5? E allora non ti compro, tiè!”.
Ecco, io ho cominciato a farlo ancor prima che la proposta divenisse di pubblico dominio, infatti, caro diario, sai meglio di me quanto vada pazzo per i prodotti venduti nei discount. Amo bere la Cola Gola al posto della celebre Coca Cola, butto giù intere confezioni di gelidi Galoppo anzichè l’ordinario Calippo dell’Algida. Bene, poi da un pochino a questa parte mi servo sotto casa dal discount LIDL. Uno spettacolo per gli occhi e per il palato. Tanti prodotti senza marca, coloratissimi e quelli di marca a un prezzo più basso rispetto ai tradizionali Auchan, Panorama, IperStanda (soffoco di paura... il pagliaccio Presidente sta inarcando ancora di più quella boccaccia). Poi oggi pomeriggio in tivù su Rete 4, tra una pagina di libro da studiare e una pagina di frustrazione per questa laurea ancora troppo lontana, adocchio la pubblicità tutta musiche e colori del supermercato LIDL e subito dopo l'avvilente (per l’umanità) Tg4. Ma come! Pure LIDL, una delle tante panacee di molti mali commerciali? Cioè porcaputtana, qui non si tratta di boicottare un paio di prodotti, ma di un’intera massa di cibaria! E la mia Gazilla invece della pasta Barilla? E’ dura cazzo!
Vorrà dire che la prossima volta mi servirò su quei banconi ambulanti spuntati come funghi dopo l’apertura inaugurale del discount. C’è la bancarella dei libri che te li tirano appresso per quanto costano poco, quell’altra che vende biancheria intima a due lire direttamente da Napoli, il vecchietto che miracolosamente ancora prepara a mano i sacchettini di lavanda e infine il fruttarolo dall’urlo baritono che getta in un angolo i mandarini spappolati dal peso dell’altra mercanzia... solo però mi sembra che i prezzi della frutta siano un pochino alti rispetto agli altri punti vendita… ah è vero, l’inflazione dovuta alla morte della Lira per mano dell’Euro!
Ma insomma, che devo fare per evadere da questo labirinto di specchi? Trasportarmi con l’auto fuori Roma e andare alla ricerca di un antico casale, col fattore dalle mani crespose che ancora solca la dura terra con la vanga, oppure dal burino a riempire bottiglioni di buon vino casareccio?
Sì ho capito, ma se ogni volta mi metto a fare così quando cazzo studio?
Quanta confusione, caro diario.