CIGARETTE BURNS

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REGIA: John Carpenter
CAST: Norman Reedus, Udo Kier
2005 USA 59m
HORROR




Filippone (in Porcoddena) 

Vedere l'episodio girato dall'immenso John Carpenter per la serie 'Masters of Horror' è innanzi tutto un'enorme goduria, di quelle che alla fine ti fai quasi schifo da quanto godi. E' una goduria perché - proprio quando tutti iniziavano a temere il peggio, a pensare che non avremmo mai più rivisto il Maestro in piena forma - 'Cigarette Burns' prende a calci nelle palle moltissimi “masters of horror“ che di “master“ hanno solamente un lontano passato, prende a cazzotti sui denti chi credeva che Carpenter non avesse più nulla da dire e rompe il culo a quell'ammasso informe (ed in continua espansione) di surrogato al sangue di MTV che ai nostri giorni risponde al nome di “cinema horror“.
E la cosa meravigliosa è che tutto questo, Carpenter, lo ha ottenuto semplicemente riciclandosi.
Anzi, trovando il modo migliore per riciclare l'idea alla base del suo 'Il seme della follia', riadattandola a squisito (e brutale, grazie al cielo) gioco cinefilo in cui una misteriosissima pellicola - 'La Fin Absolue du Mond' - prende il posto dell'apocalittica opera letteraria di Sutter Cane nel ruolo di veicolo dell'armageddon.

Lasciarmi andare ad elucubrazioni intricatissime, personalissime, incomprensibilissime ed inutilissime sul valore cinefilo di un film del genere sarebbe solo roba da duellanti che lascio volentieri a chi ha trasformato la pippa mentale in professione retribuita; posso dire, però, che con la storia della pellicola maledetta ed introvabile, con il film che solo pochissimi occhi hanno potuto vedere, con il tema della visione che porta addirittura all'oblio della follia, Carpenter ha saputo stuzzicare in maniera incredibilmente libidinosa l'inestinguibile sete di esclusività che ogni appassionato nerdico di tipo ossessivo-compulsivo non vedeva l'ora di farsi tornare. In tempi in cui tutto lo scibile umano è a portata di mouse o in svendita nei cestoni dei supermercati e in campo cinematografico il termine “rarità“ è ormai futile quanto la parola “stocastico“ nella vita di tutti i giorni, ecco che Carpenter riesce a trasformarci in tanti piccoli Udo Kier pronti a gettarsi a braccia aperte verso la Fine Assoluta del Mondo pur di posare lo sguardo su quello che solamente pochissime pupille hanno potuto vedere, a qualsiasi prezzo, fino a rendere esplicito l'attaccamento - letteralmente - viscerale che un appassionato fittizio, un vero (in tutti i sensi) regista e il suo pubblico nutrono nei confronti della Settima Arte.

E dopo i volti esplosi piazzati a tradimento (e con straordinaria efficacia) nella quieta provincia ripresa in punta di pellicola da Cronenberg in 'A History of Violence', Carpenter torna a dare potenza a scene di rara efferatezza inserendole, però, in un contesto puramente orrorifico, malato e grondante sangue, una condizione che, in tempi recenti e assai ricchi di registi per caso, finisce spesso col fagocitare la sensibilità dello spettatore, consumata più dalla cornice che dal contenuto (detta in due parole: si arriva allo sbudellamento già sazi di sangue).
In 'Cigarette Burns', invece, nonostante si respiri perennemente un'atmosfera malsana i colpi bassi arrivano dritti allo stomaco e fanno rimanere a bocca aperta (sfido chiunque a rimanere impassibile di fronte alla prima decapitazione).

Una storia avvincente, un ottimo stile, cinefilia corrosiva e distruttiva, splatter estremo e il ritorno di un grandissimo regista, tutto in un'ora, in una pellicola che è da vedere e non da raccontare, perché a parlarne si finirebbe come il giornalista del film, condannato a scrivere una recensione lunga trent'anni.

'Masters of Horror' è il titolo di una serie di film televisivi della durata di un'ora ciascuno andati in onda per la prima volta sull'emittente americana via cavo Showtime.