mini minor

 

4%*

La invocano i Jovanotti d'Italia; la propugnano certi politici che l'ultimo disco che hanno comperato è "The Kšln Concert" di Keith Jarret o "Abba Pater" (chissà come mai il Papa ha scelto gli Abba per il suo album? Forse il prossimo sarà "Fat Boy Pater" e poi "Flat Pater"?). La implorano le case discografiche (per esempio la Sony, che ha disinvoltamente chiamato una sua iniziativa promozionale "+ musica - iva"); sono tutti d'accordo: per salvare la musica ci vuole l'iva al 4% sui cd. Vorrei qui spiegare come mai sono contrario.

L'iva al 4% (contro il 20 che si applica alle altre merci) è stata concessa qualche anno fa agli editori di libri; anche altre categorie godono di questo regime di favore, come le associazioni senza fini di lucro. Adesso, al grido di "la musica è cultura" (che è un po' come dire "la parola è cultura" oppure "internet è pornografia") si chiede questa agevolazione anche per la musica.

Il mercato della musica in Italia è sostanzialmente in mano a quattro soggetti (Warner, Universal, Bmg e Sony) che si spartiscono più del 95% del mercato (fonte "Musica e Dischi", bibbia della discografia italiana). Nessuna di queste multinazionali è italiana, nessuna è specializzata in musica locale e a nessuna interessano, per ragioni diverse dal profitto, le sorti della nuova musica italiana. Non bisogna stupirsi: le società nascono, legittimamente, al puro e semplice scopo di fare denari. Quasi tutte.

Ho appena finito di leggere "Senior Service", il libro di Carlo Feltrinelli su suo padre Giangiacomo, il più straordinario e controverso editore di libri italiano (e non solo). Quest'uomo, che ha pubblicato "Il dottor Zivago" in tutto il mondo, che ha rivoluzionato il modo di vendere libri in Italia, che ha contribuito in modo determinante alla crescita culturale italiana, (e che ha tra l'altro definito il ruolo dell'editore come quello di "una carretta" che trasporta idee) ha certamente meritato l'iva al 4%. Possiamo dire lo stesso delle case discografiche?

La loro politica culturale consiste nel chiedere un passaggio radio e, se negato, cambiare il singolo in uscita. Programmare tutte le loro pubblicazioni solo ed esclusivamente in base alle potenziali vendite (escludendo qualsiasi altra qualità che non sia quella commerciale dalle loro priorità), come la Dixan, la Mercedes e la Marlboro. Persuadere i loro artisti non a produrre musica culturalmente rilevante o innovativa, bensì copie di copie di copie, nel disperato tentativo di bissare il successo di "Happy - everybody should be happy". Buttare soldi in gadgets inutili per reclamizzare musica altrettanto inutile (ho ancora in casa il binocoletto di Michael Jackson a perenne monito). Tutto bene, o quasi, finché non credi di essere benemerito e mi chiedi lo status di ente culturale (e l'iva al 4% come Amnesty).

Senza contare che in Italia arrivare alla discografia è molto difficile; per un artista pubblicare un cd è più un punto di arrivo che di partenza. Quindi l'iva al 4% non favorirebbe affatto i gruppi davvero emergenti. Non servirebbe a favorire una pratica più diffusa della musica, ne' a far crescere la scena esistente. Non favorirebbe neppure la nascita di uno stile musicale italiano moderno (una domanda che spesso mi fanno è come mai non esista). Servirebbe solo a far scendere i prezzi del 16% (che su 40.000 lire sono 6.400 lire), e a far aumentare il numero globale di cd venduti. Quali cd?

Lista dei campioni di vendite in Italia nel '99 (fonte Musica & Dischi): Celentano, Litfiba, Jovanotti, Battisti, Vasco, Ligabue, Baglioni, Zero, Bocelli, Antonacci.

Non ce n'è: l'iva al 4%, così da sola, è un bel regalo a quattro multinazionali e un contentino per i consumatori. Il mese prossimo invece vedremo cosa si potrebbe fare se vivessimo in un paese governato da persone davvero sensibili.
(si ringrazia Marco Conforti)

PS: Dicono che c'è in discussione una legge sulla musica: come mai a nessuno dei musicisti anche famosi che conosco è stata mai mostrata?

* Questo mini minor è diviso in due parti, di cui questa è la prima. Trovate la seconda, intitolata "Che fare?", qui.

(pubblicato 4/00)